LA TENSEGRITA’ DI CARLOS CASTANEDA

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la TENSEGRITA’ di CARLOS CASTANEDA

un potente metodo di espansione della consapevolezza dagli antichi sciamani del Messico

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CHI E’ CARLOS CASTANEDA?

E’ un antropologo-sciamano noto in tutto il mondo grazie alla pubblicazione dei suoi libri: dodici libri che tra gli anni ’60 e gli anni ’90 sono diventati dei best sellers letti da un vastissimo pubblico.
In questi libri viene descritto il suo incontro ed il suo apprendistato con lo sciamano don Juan Matus, erede della conoscenza di un lignaggio di sciamani-veggenti antico di diecimila anni. Si tratta un antica tradizione denominata ‘conoscenza tolteca’, anche se non si sta parlando della saggezza del popolo tolteco, ma del significato stesso del termine, che nella lingua nahuatl denota propriamente ‘l’artista’, ovvero: l’uomo di conoscenza.

Della biografia di Carlos Castaneda non si sa praticamente nulla, molte sono state le notizie al riguardo riportate dai numerosi giornali e riviste interessate, ma la maggior parte di tutte queste notizie non sono veritiere.
L’unica vera storia su C. Castaneda è stata scritta da lui stesso nei suoi libri…
soprattutto nel suo ultimo libro: ‘Il lato attivo dell’infinito’, in cui egli racconta gran parte della sua vita, ma si tratta ovviamente del racconto astratto di una serie di eventi memorabili della sua vita.
Si tratta di eventi in cui si può riconoscere la manifestazione dello spirito, eventi che cambiano per sempre la vita di un individuo in una maniera radicale, al punto che ‘dopo’ nulla potrà mai più essere com’era prima.
E’ importante comprendere che per un essere, com’era C. Castaneda, che vuole entrare nell’Infinito, è di fondamentale importanza rinunciare alla propria storia personale e trasformarla in un avventura totalmente astratta.
Vale a dire: trasformare qualcosa di fondamentalmente umano in qualcosa di prettamente energetico.

Ed uno degli ‘eventi’ più memorabili nella storia di Carlos Castaneda è stato proprio il suo incontro con don Juan Matus, denominato affettuosamente in tutti i suoi libri semplicemente: ‘don Juan’.

“Don Juan Matus era un indiano yaqui -del Messico, era l’erede e il leader – il Nagual – di un lignaggio di veggenti uomini e donne, il cui scopo e fine erano la libertà di percezione, intesa come la libertà di percepire ciò che la fisica quantistica riconosce oggi come la natura fondamentale dell’universo: un universo di energia, che secondo quei veggenti messicani, è organizzato da una forza intelligente chiamata intento.”
( http://www.cleargreen.com/it/ )

Carlos Castaneda incontra don Juan in una stazione di autobus nel nord del Messico, un suo amico gli aveva parlato di quel ‘vecchio indio’ come di un esperto di piante psicotrope, argomento su cui C. Castaneda stava lavorando per la sua tesi di laurea in antropologia.
Tutto il loro incontro si fonda su un equivoco: C. Castaneda cercava un esperto di piante -ed infatti lo trova- ma don Juan non era soltanto un esperto di piante, egli era fondamentalmente uno sciamano, un veggente di prima grandezza; che inizialmente si rifiuta di dargli qualunque tipo di informazione; per lui era inconcepibile parlare di quelle che lui definiva piante del potere così, tanto per parlarne. Nella sua visione del mondo delle piante di potere non si parla solo tanto per ‘dire’, ma per ‘fare’… che è un ‘fare potente’… e questo significava che se C. Castaneda voleva parlare delle piante doveva sperimentarne personalmente gli effetti, cioè il ‘potere’.

Intanto già dal primo incontro don Juan vede a livello energetico che C. Castaneda aveva una conformazione energetica per lui particolarmente ‘interessante’ e lo ‘aggancia’ guardando intensamente il suo occhio sinistro.
Una volta ‘agganciato’ C. Castaneda ritorna a cercare don Juan e a poco poco inizia a sperimentare personalmente gli effetti delle piante di potere, che don Juan gli somministrava con totale cognizione di causa. Ma la sperimentazione delle piante di potere fu soltanto un altro stratagemma che don Juan utilizzò per ‘agganciare’ ulteriormente C. Castaneda; ed egli si trovò ben presto proiettato in quella, che lui stesso ha poi definito come una realtà separata.
Questa realtà era qualcosa di totalmente sconosciuto alla mentalità media di uno studente universitario di tipo occidentale, qualcosa che egli razionalmente non riusciva a comprendere, tuttavia egli, a qualche livello, si rendeva conto che era ‘il suo corpo’ che lo spingeva a tornare sempre da don Juan… perché era il suo corpo che ne aveva ‘bisogno’, era qualcosa che agiva in lui a livello fisico, ed accadeva proprio quando si trovava in compagnia di quell’indio che egli poteva sperimentare un’interruzione nella sua continuità percettiva. Egli ‘sentiva’ che faceva bene al suo corpo, al suo corpo fisico ed energetico insieme.
Questo non accadeva soltanto a causa dell’ingestione delle piante del potere, ma era soprattutto la presenza stessa di don Juan a farlo entrare in uno stato di consapevolezza intensa, uno stato in cui tutto acquistava un significato più intenso e la sua consapevolezza del mondo circostante diventava estremamente più nitida.

E per non incorrere in equivoci va precisato subito che don Juan non raccomandava l’uso delle piante di potere. C. Castaneda ha in seguito chiarito che per avere accesso alla conoscenza degli sciamani dell’antico Messico, non c’è affatto bisogno di prendere ‘sostanze’ di nessun tipo -anche se va, ovviamente, fatta una distinzione tra le droghe sintetiche e le piante di potere, perché non si può certo fare di ogni erba un fascio, a nessun livello, figurarsi in questo!
Don Juan ha usato con C. Castaneda le piante di potere per interrompere la sua visione del mondo eccessivamente razionalista, ed anche perché non aveva più molto tempo a disposizione da dedicargli, per far sì che C. Castaneda portasse a termine il suo apprendistato. Infatti con gli suoi altri apprendisti normalmente non le usava mai.
C. Castaneda ha anche sottolineato che le droghe fanno malissimo al corpo fisico e che lui si era in seguito ammalato proprio a causa del grande quantitativo di sostanze che don Juan gli aveva somministrato.
Quindi: rettifichiamo la convinzione: Carlos Castaneda = stupefacenti.
Niente è mai stato tanto lontano dalla verità.

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CARLOS CASTANEDA e la CONOSCENZA degli sciamani dell’antico Messico

Una delle caratteristiche fondamentali degli sciamani dell’antico Messico è la loro capacità di vedere, cioè di percepire l’energia così come fluisce nell’universo.

Essi “definivano l’atto di vedere come lo stato di consapevolezza intensa grazie al quale il corpo umano è in grado di percepire l’energia come un flusso, una corrente, una vibrazione simile a un vento. Vedere così l’energia, è un atto dovuto al blocco momentaneo del sistema di interpretazione caratteristico di ciascun essere umano. ( … )
Gli stregoni del Messico antico scoprirono che ogni singola parte del corpo umano è impegnata, in un modo o nell’altro, nel trasformare questo flusso vibratorio, questa corrente di vibrazioni, in una sorta di immissione di dati sensoriali. Per mezzo della sua utilizzazione, l’insieme globale di questo bombardamento di informazioni sensorie si trasforma nel sistema di interpretazione che permette agli esseri umani di percepire il mondo nella maniera in cui lo percepiscono.” ( Carlos Castaneda, ‘Tensegrità’, pagg. 11 – 12 )

Vale a dire che tutto ciò che l’essere umano percepisce è frutto dell’interpretazione della sua mente, se ciò non avvenisse e l’uomo fosse in grado di fermare il dialogo interno, cioè di mettere a tacere quella voce che parla incessantemente nella sua testa descrivendo, istante dopo istante, quello che percepisce, egli potrebbe vedere direttamente l’energia, così come fanno i veggenti.
Ma non solo, se l’essere umano fosse in grado di raggiungere quello stato definito come silenzio interiore, potrebbe fare moltissime altre cose e raggiungere, per se stesso e per il mondo che lo circonda, un livello di benessere inimmaginabile allo stato attuale in cui vive l’umanità.

Quando i veggenti vedono l’energia così come fluisce nell’universo, essi possono ovviamente vedere anche l’essere umano come pura energia, essi vedono cioè, una sfera luminosa, della grandezza delle nostre braccia estese lateralmente e verso l’alto; si tratta di un numero infinito di fibre luminose vibranti, brillanti, vive e consapevoli, tenute insieme da una forza vibratoria. E vedono anche che su questa sfera luminosa vi è un punto in cui la luminosità è ancora più brillante, che hanno chiamato: il punto di assemblaggio della percezione umana.
E’ grande all’incirca come una palla da tennis e si trova nella parte posteriore del corpo, alla distanza di un braccio dalle scapole.

“Don Juan spiegava la percezione normale nei termini in cui la comprendevano gli stregoni del suo lignaggio: il punto di assemblaggio, nel suo solito posto, riceve un flusso di campi di energia dall’intero universo sotto forma di miliardi di filamenti luminosi. Poiché la sua posizione è costantemente la stessa, gli stregoni ritenevano che gli stessi campi di energia, sotto forma di filamenti luminosi, convergessero sul punto di assemblaggio e lo attraversassero, fornendo come risultato consistente la percezione del mondo che noi conosciamo. Questi sciamani arrivarono all’inevitabile conclusione che, quando viene spostato in un’altra posizione, il punto di assemblaggio è attraversato da un altro insieme di filamenti energetici, e fornisce così la percezione di un mondo che, per definizione, non è lo stesso della vita di tutti i giorni.”
( Carlos Castaneda, ‘Tensegrità’, pag. 150 )

Essi vedono che dall’universo una quantità enorme di fibre luminose convergono e passano attraverso questo punto; e che se questo punto si muove, anche solo lievemente, la nostra percezione del mondo cambia.
Gli sciamani dell’antico Messico, grazie al loro vedere, scoprirono che il punto di assemblaggio non è solo il punto in cui viene assemblata la percezione umana, ma è anche il punto in cui l’energia percepita viene trasformata in dati sensoriali, ed è proprio in quel punto che avviene l’interpretazione dei dati sensoriali.

“Don Juan Matus disse ai suoi apprendisti che ( … ) gli esseri umani prendono il flusso di pura energia e lo trasformano in dati sensoriali che interpretano seguendo un rigido sistema di interpretazione che gli stregoni chiamano la forma umana. Questo atto ( … ) da origine alla falsa ( … ) convinzione da parte nostra che il nostro sistema di interpretazione sia l’unica cosa che esiste.”
( Carlos Castaneda, ‘La via del guerriero’, Un giornale di ermeneutica applicata, n° 1, pag. 2 )

Ma c’è molto di più nel mondo, c’è tutto quello che non riusciamo a vedere proprio a causa di tale incessante interpretazione.
La natura dell’essere umano è quella di essere un percettore…
ma, cosa c’è di ‘oggettivamente vero’ in quello che percepiamo? Davvero poco o nulla.
Le recenti scoperte della fisica quantistica stanno confermando tutto questo ogni giorno di più: ogni campo energetico cambia a seconda di chi lo sta guardando, vale a dire, che è l’occhio che guarda a modificare il campo energetico; o ancora meglio: l’occhio dell’osservatore diviene parte del campo energetico stesso modificandolo.
Interrompere il flusso della nostra interpretazione è possibile ed auspicabile, ed è possibile farlo accedendo ad uno stato chiamato silenzio interiore, tale stato si raggiunge mettendo a tacere il dialogo interno, cioè il continuo chiacchiericcio della nostra mente, quella specie di radio accesa nella nostra testa che ci descrive tutto quello che accade, incessantemente, senza mai stancarsi… ma stancando infinitamente noi, stressandoci in una maniera inaudita.
Quel dialogo che non fa altro che giudicare costantemente tutto quello che accade, un giudizio dopo l’altro, allo scopo di staccarci dalla nostra natura magica e consumare letteralmente quasi tutta la nostra energia. Quindi, in questa visione delle cose, diventa di fondamentale importanza la sospensione del giudizio, si tratta di un vero e proprio atto sciamanico, un atto necessario per poter attuare un’interruzione dell’interpretazione sensoriale e poter vedere direttamente l’energia.
In altre parole, se non riusciamo mai una volta in tutta la nostra vita, a bloccare questa interpretazione soggettiva e parziale, non avremo mai una visione oggettiva e totale di noi stessi, della nostra vita e del mondo che ci circonda. E questo è come vivere una vita a metà, è come avere delle ali e non potersi mai alzare in volo…
un po come succede ai polli…
Ma per riuscire ad accedere a quella che don Juan definiva la conoscenza silenziosa del nostro vero essere, cioè: bloccare questa interpretazione e sospendere il giudizio, abbiamo bisogno di una grande quantità di energia.

Secondo C. Castaneda tutti noi nasciamo con un tot di energia, che disperdiamo in modo maldestro e del tutto inconsapevole, attraverso tutti gli atti che compiamo nell’arco della nostra vita.
Gli sciamani invece, mediante la pratica di un’attenta e costante disciplina, s’impegnano a vivere una vita totalmente e consapevolmente impeccabile, allo scopo di mantenere alto il loro livello energetico. Impegnandosi in tutta una serie di tecniche, sia per recuperare l’energia dispersa che per non disperderne ulteriormente, ed anche per accumularne il più possibile. In modo da averne a sufficienza quando intendono rompere le barriere della percezione ed avventurarsi in un ignoto totalmente sconosciuto all’essere umano.

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IL CORPO ENERGETICO

Secondo la cognizione degli antichi sciamani del Messico tutto ciò che esiste nell’universo è duplice, nel senso che ogni cosa vivente ha un doppio gemello, ed anche l’essere umano, così com’è visto da un veggente, ha un corpo energetico vicino al corpo fisico.
Tutti noi alla nascita siamo tutt’uno con il nostro corpo energetico, però poi man mano che cresciamo e prendiamo il nostro posto nel mondo sociale, il nostro doppio si stacca da noi e si allontana, finché ci dimentichiamo persino di averlo mai avuto… ma anche se non ne siamo più consapevoli continuiamo sempre a sentirne la mancanza.
Ritornare ad essere consapevoli dell’esistenza del doppio e riavvicinarlo al corpo fisico crea un senso di infinito benessere. E’ quel benessere che abbiamo conosciuto quando eravamo piccoli, quel benessere che ricerchiamo per tutta la vita, senza mai riuscire a trovarlo… perché soltanto la sua vicinanza poteva darcelo.
Poi continuiamo a cercarlo, convinti magari di star cercando la nostra anima gemella…
ma quand’anche la trovassimo quest’anima gemella quel vuoto che c’è in noi non si riempirebbe, perché il vuoto lasciato dalla mancanza del doppio può essere riempito soltanto con il doppio stesso.

“Don Juan spiegava formalmente il corpo energetico come un conglomerato di campi di energia che sono l’immagine speculare dei campi energetici che costituiscono il corpo umano quando viene visto direttamente come energia. Don Juan diceva che per gli stregoni, il corpo fisico ed il corpo energetico sono una singola unità.”
( Carlos Castaneda, ‘Lettori dell’infinito’, Un giornale di ermeneutica applicata, n° 4, pag. 4 )

Ed il corpo fisico va qui inteso nella sua totalità, come un insieme di campi energetici, cioè di tutte quelle parti che non si vedono dall’esterno, ‘come gli organi interni e l’energia che fluisce attraverso di essi’.
Per gli sciamani non esiste alcun dualismo tra corpo e mente, entrambi questi riguardano il corpo fisico, ‘l’unico dualismo possibile è tra il corpo fisico e quello energetico’.

Vedere l’energia non è qualcosa che riguarda la vista, anzi non ha proprio nulla a che vedere con gli occhi, ma è qualcosa che riguarda piuttosto il corpo nella sua totalità: fisica ed energetica insieme; è l’abilità magica dell’essere umano di riuscire a percepire ‘sentendo’ l’energia così come fluisce nell’universo senza l’interpretazione della mente… è la libertà di percezione, la libertà di percepire liberamente -senza mente- tutto quanto è possibile percepire per un essere umano finché è ancora qui su questa Terra.
La quasi totalità degli esseri umani sono inconsapevoli di avere una controparte energetica, quindi… per lo più il loro doppio energetico si trova solitamente abbastanza lontano dal corpo fisico. Gli sciamani invece si adoperano, usando tutte le arti a loro disposizione, per riuscire a riavvicinare il doppio al loro corpo fisico, proprio perché sanno, che la libertà di percezione è possibile soltanto quando la parte energetica si è riavvicinata talmente tanto al corpo fisico, da riuscire ad essere presente in tutte le sue azioni.
Quando gli sciamani vedono un essere umano, che sia riuscito a riavvicinare il corpo di energia al corpo fisico, essi vedono due sfere luminose vicine, quasi sovrapposte; ed i punti di assemblaggio di entrambi sono uniti da due circoli magnetizzati, da una misteriosa forza agglutinante chiamata intento.
Se al contrario i due corpi non sono uniti, essi sono legati da un filamento luminoso molto tenue e tanto più sono lontani, tanto più questo filamento è sottile, e man mano che si va avanti negli anni questo filamento diventa sempre più sottile, fino a spezzarsi, ed allora moriamo… inconsapevolmente, così come abbiamo vissuto.
E siccome lo possono vedere, essi sono fermamente convinti che gli esseri umani usano, costantemente ed inconsapevolmente, questo legame che unisce le due controparti del corpo fisico e del corpo energetico.
Per gli sciamani del Messico, una volta che il doppio energetico è molto vicino al corpo fisico, essi possono riuscire a plasmarlo come una replica del loro corpo fisico, con tutte le sue caratteristiche; e poi, allo stesso modo, possono plasmare il corpo fisico con le caratteristiche del loro doppio, al punto da rendere i loro corpi fisici un conglomerato di puri campi energetici… riuscendo in questo modo a fare cose inimmaginabili: come essere invisibili, attraversare muri o spostarsi attraverso lo spazio-tempo in una frazione di secondo.

“IL  VOLO DELL’ANGELO – dell’Esploratore Azzurro

Ci sono angeli che sono destinati
a volare verso il basso tra le nebbie oscure.
Spesso, rimangono intrappolati laggiù,
e per un momento, perdono le loro ali
e sono smarriti,
a volte quasi una vita intera.
Non ha veramente importanza, sono ancora angeli;
gli angeli non muoiono mai.
Sanno che la nebbia un giorno svanirà,
fors’anche per un istante.
E che saranno riscattati poi,
alla fine,
da un cielo dorato.”

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L’INTENTO

Secondo quanto descritto da C. Castaneda gli sciamani definiscono l’intento come “una forza perenne che permea l’intero universo; una forza consapevole di se stessa fino al punto di rispondere al richiamo o al comando degli stregoni. L’atto di usare l’intento lo chiamano intendere.”
( Carlos Castaneda, ‘Lettori dell’infinito’, Un giornale di ermeneutica applicata, n° 4, pag. 3 )

Attraverso la manovrabilità dell’intento gli sciamani sono in grado di raggiungere la libertà di percezione e di azione, usando l’intento consapevolmente, in maniera attiva ed estremamente pratica, come si utilizza un mezzo per raggiungere uno scopo. Intentare non ha nulla di intellettuale o di razionale, al contrario, è qualcosa che riguarda ‘l’intero organismo umano’, che è totalmente ‘impegnato in un singolo onnicomprensivo scopo: intentare.’
Così come il vedere non riguarda gli occhi, intentare non riguarda la ragione, ma è strettamente connesso con la volontà.
Secondo quanto don Juan spiega a C. Castaneda, il centro della volontà è dislocato sotto l’ombelico e non ha nulla a che vedere con la testa, con la ragione… con il desiderare della mente; la volontà implica uno spostamento volontario del punto di assemblaggio dalla sua posizione abituale.

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LA REGOLA DELL’AQUILA

La conoscenza silenziosa degli antichi sciamani del Messico, che don Juan trasmette fedelmente a C. Castaneda, è strettamente codificata e fa parte di una tradizione viva che fa riferimento al mito dell’Aquila.
Per ovvi motivi non possiamo riportare in questa sede tale mito nella sua interezza, ne daremo solo una breve descrizione.
Per chi fosse interessato ad approfondire tale argomento consigliamo la lettura dei libri di Carlo Castaneda.

“L’Aquila, il potere che governa il destino di tutte le cose viventi, riflette in egual misura e contemporaneamente tutte quelle cose viventi. Non c’è quindi modo per l’uomo di pregare l’Aquila, di implorare favori, di sperare nella grazia. La parte umana dell’Aquila è troppo insignificante per incidere sull’intero.”
“A ogni essere vivente è stato concesso il potere, se così desidera, di cercare un varco verso la libertà e di attraversarlo. E’ evidente a colui che vede, così come alle creature che lo attraversano, che l’Aquila ha concesso tale dono allo scopo di perpetuare la consapevolezza.”
( Carlos Castaneda, ‘La Ruota del Tempo’, pagg. 194-195 )

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TONAL E NAGUAL – PRIMA E SECONDA ATTENZIONE

Gli sciamani hanno anche altri modi di riferirsi al corpo fisico e al corpo energetico, definiscono infatti come tonal tutto ciò che ha che vedere con il corpo fisico e nagual tutto ciò che riguarda il corpo energetico.
Il tonal è tutto ciò che riguarda la parte fisica, mentale, sociale e culturale dell’essere umano, ed egli lo condivide con la sua specie e con il particolare momento storico in cui vive: il tonal del tempo. Inizia con il nostro primo respiro e finisce alla morte, ed è tutto ciò che conosciamo della nostra realtà materiale, fatta di oggetti solidi; è quel mondo che viene anche definito: Prima Attenzione.
Il nagual invece è tutto ciò che è al di fuori del tonal e riguarda la parte energetica, lo spirito, l’infinito, l’intento, la volontà, il vedere, la percezione e la conoscenza silenziosa. E’ tutto quello che non sappiamo definire con il nostro tonal; si tratta di una realtà separata: la Seconda Attenzione, che concerne solo ed esclusivamente il mondo dell’energia.
Prima di nascere e per un po dopo la nostra nascita siamo puro nagual, siamo cioè tutt’uno con il corpo energetico, poi a poco a poco diventiamo totalmente tonal, e ci convinciamo che il mondo è tutto lì; ed è questo il punto: perdiamo completamente la nostra controparte energetica e la dimentichiamo. Gli sciamani invece cercano, con tutte le loro energie, di riequilibrare le due parti in maniera armonica, in modo da poter vivere consapevolmente sia nella Prima, che nella Seconda Attenzione.

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L’ARTE del SOGNO e L’ARTE del L’AGGUATO

Tutta la vita di uno sciamano è dedicata ad incrementare il proprio livello di energia per espandere consapevolmente i propri orizzonti percettivi.
A questo scopo vengono usate due tecniche fondamentali: il Sogno e l’Agguato, l’utilizzo di queste tecniche è una vera e propria arte, poiché porta alla manipolazione dell’intento.

Secondo don Juan esistono tre tipi di modalità con cui l’intento ci raggiunge, quello della Prima Attenzione è un intento cieco che dirige casualmente tutta la vita dell’uomo comune. Quello della Seconda Attenzione implica uno sforzo da parte dello sciamano, che attraverso l’impeccabilità della sua vita estremamente disciplinata, richiama su di se l’intento. Questa capacità è definita come potere personale; ed accedendo ad un livello ancora più alto, lo sciamano può riuscire a fondere il suo intento con l’intento dell’Aquila.
Quando ciò avviene egli è in totale armonia con il potere che ne scaturisce, il potere degli sciamani, appunto. Detto anche l’intento del secondo anello del potere, o vedere. Allargando così il campo delle possibilità percettive umane, con il risultato di prendere consapevolezza che il nostro concetto di ‘reale’ può essere oltremodo allargato; e questo ovviamente allarga anche il nostro campo di azione, facendoci prendere consapevolezza della possibilità di vedere e sperimentare nuovi modi di essere.

SOGNARE
Il Sognare degli sciamani è molto diverso dal sognare comune, tuttavia entrambi iniziano con uno spostamento del punto di assemblaggio che avviene spontaneamente nell’essere umano quando si addormenta.
A differenza delle altre lingue, nella lingua spagnola viene usato addirittura un temine diverso per definire il sognare degli sciamani: ensonar, che è diverso dal comune sonar.
C. Castaneda spiega che nei sogni comuni il punto di assemblaggio si sposta lievemente verso l’interno, a destra o a sinistra, lungo la fascia esterna della sfera luminosa, quando va verso destra si fanno sogni violenti, molti fisici e\o a sfondo sessuale; quando invece si sposta verso sinistra si fanno sogni di tipo spirituale. In ogni caso, questo tipo di sogni non interessano gli sciamani, don Juan si riferiva a loro come alla ‘pattumiera umana’. E, come dargli torto?
Gli sciamani sono interessati soltanto allo ‘spostamento volontario’ del punto di assemblaggio ‘verso l’interno della fascia della sfera luminosa’, ed è proprio ‘lo spostamento verso l’interno’, che viene definito il sognare degli sciamani: ensonar.
Quando il punto di assemblaggio si sposta molto in profondità verso l’interno si possono allineare molti altri mondi, mondi onnicomprensivi, in cui si può vivere e morire, esattamente come nel nostro.
Si tratta di un tipo di sogni, che a differenza dei sogni comuni, ti proiettano in mondi in grado di generare energia, esattamente come il nostro.
Per i veggenti la realtà in cui viviamo è composta di tanti livelli e la spiegano metaforicamente come se fosse una cipolla dai tanti strati, in ognuno di questi strati c’è un mondo diverso, un mondo che può essere allineato e percepito, proprio come il nostro.
Uno di questi mondi è un mondo parallelo a questo, in cui esistono tanti tipi diversi di esseri inorganici, esseri fatti di pura energia. Spostandosi in ‘questo mondo’ gli sciamani possono interagire praticamente con questi esseri, possono imparare da loro ed avere accesso all’energia del loro mondo.

Don Juan spiega a C. Castaneda che “Il mondo degli esseri inorganici è popolato da esseri che possiedono la consapevolezza ma sono privi di organismo. Sono conglomerati di campi di energia, proprio come noi. Agli occhi di coloro che sanno vedere appaiono opachi e non luminosi al pari degli esseri umani. Sono configurazioni energetiche simili a candele, lunghe e non rotonde. In pratica sono conglomerati di campi di energia che possiedono una coesione e confini precisi, esattamente come noi. Vengono inoltre tenuti insieme dalla stessa forza agglutinante che tiene uniti i nostri campi di energia.”
Il loro mondo “Occupa lo stesso tempo e il medesimo spazio del nostro mondo, ma il tipo di consapevolezza del nostro mondo è così diversa da quella del mondo inorganico che noi non ci rendiamo mai conto della presenza degli esseri inorganici, sebbene loro si accorgano della nostra.” ( Carlos Castaneda, ‘Tensegrità’, pagg. 132 – 133 )

Nel suo libro: ‘L’Arte di Sognare’, C. Castaneda descrive accuratamente tutte le fasi per riuscire a padroneggiare quest’arte, attraverso la quale gli sciamani riescono ad essere coscienti nei loro sogni e ad agire deliberatamente ‘come se’ fossero svegli, infatti questo tipo di sogno viene anche chiamato sogno lucido o sognare da svegli.
Ma in realtà don Juan spiega che l’intento è la chiave di tutto, per riuscire a sognare in questo modo bisogna attivare il proprio collegamento con l’intento, e questo è possibile attraverso la disciplina.
La chiave è l’intento, se il sognare non è attivato dall’intento non è sognare, essi intentano di entrare nella Seconda Attenzione ed agiscono attraverso i loro doppi energetici; tutto ciò che riguarda il sognare è pertinenza del doppio… riuscire ad usare il doppio è qualcosa che si apprende, e si apprende proprio tramite il sognare… ed è per questo che è così importante.
Secondo la cognizione degli antichi sciamani ‘tutto è sogno’, anche questa nostra vita che riteniamo essere così reale, essi partono dal presupposto, basato sul loro vedere, che la nostra vita non è altro che un sogno tra tanti altri sogni possibili…
e le possibilità sono pressoché infinite, tante quante potrebbero essere le posizioni in cui può spostarsi il nostro punto di assemblaggio… poiché ciò che determina la ‘realtà’ di un sogno è la fissazione del punto di assemblaggio in quella particolare posizione.
Riuscire ad avere una quantità di energia tale per poter spostare volontariamente il punto di assemblaggio vuol dire sognare, vuol dire allineare un altro sogno o un altro mondo…
Padroneggiare l’intento al punto da riuscire a sognare altri sogni, equivale a rendere fluido il nostro punto di assemblaggio… e questo è di primaria importanza, anche soltanto per riuscire a vivere al meglio la nostra vita quotidiana: poiché è proprio quando ci irrigidiamo in un unica posizione e perdiamo di vista l’insieme delle cose, che la nostra vita smette di funzionare come dovrebbe e ci troviamo a vivere innumerevoli disagi.

“ LA VITA E’ SOGNO – di Calderon de la Barca

È’ vero dunque che reprimiamo questa fiera condizione,
questa furia, questa ambizione, quando qualche volta sogniamo;
e se lo facciamo, allora ci ritroviamo in un mondo così singolare
che solamente il vivere è sognare.
Sogna il Re di essere Re,
e vive con quest’inganno, comandando e governando;
e il plauso che riceve in prestito,
lo scrive nel vento
e la morte lo trasforma in cenere, ‘forte disgrazia!’
Chi regnerebbe vedendo che deve svegliarsi
nel sonno (sogno) della morte?
Sogna il ricco nella sua ricchezza
che lo protegge,
sogna il povero che sopporta
la sua miseria e la sua povertà;
Sogna chi incomincia ad avere paura,
Sogna chi si affanna e pretende,
Sogna chi è aggravato e offende,
e nel mondo, infine,
tutti sognano quel che sono,
anche se nessuno lo comprende.“

AGGUATO
Don Juan spiega a C. Castaneda “che l’arte di sognare consiste nello spostare di proposito il punto di assemblaggio dalla sua posizione abituale;” e che “l’arte dell’agguato permette invece di mantenerlo volutamente fissato nella nuova posizione in cui è stato spostato.”
( Carlos Castaneda, ‘Tensegrità’, pag. 149 )

La cosa più interessante è che tramite il sognare noi possiamo espandere la portata di quello che normalmente riusciamo a percepire, a fare e a vivere, non dobbiamo considerare il sognare come qualcosa di avulso dalla nostra vita quotidiana, perché in realtà è vero proprio il contrario: tutto quello che impariamo in sogno possiamo portarlo alla consapevolezza della nostra vita quotidiana e viceversa.
Ed è importante anche imparare ad essere consapevoli delle parti costituenti di un sogno, non solo perché questo sviluppa una particolare attenzione, chiamata appunto: l’attenzione del sogno; ma anche perché, solo se ne siamo pienamente consapevoli, possiamo decidere deliberatamente come interagire ciò che ci circonda.
C. Castaneda dice che noi siamo degli esseri estremamente socializzati e tutto quello che facciamo nella nostra vita è seguire i dettami della società in cui viviamo, a volte capita che li mettiamo in discussione, ma in realtà difficilmente prendiamo una vera decisione per noi stessi in maniera totalmente autonoma.
Anche quando ci sembra di farlo, il più delle volte si tratta soltanto di una reazione a qualche input esterno a noi; quindi è una reazione, che è ben diversa dall’azione attiva che parte da una precisa volontà di realizzare qualcosa.

L’Arte dell’Agguato consiste in una serie di tecniche utilizzate per recuperare le energie che disperdiamo costantemente con le nostre azioni nella vita quotidiana, e ad evitare di continuare a disperdere la nostra energia di base -che è quella con cui tutti nasciamo.
Le linee base più importanti dell’Agguato sono:
– abbandonare l’importanza personale,
– eliminare le abitudini,
– cancellare la storia personale.
Fare questo è possibile attraverso la Ricapitolazione della nostra vita.

RICAPITOLAZIONE
Secondo i veggenti del Messico antico tutti gli esseri viventi muoiono perché devono ridare indietro la consapevolezza che hanno ricevuto dall’Aquila alla nascita.
Quando nasciamo, l’Aquila ci dà un tot di consapevolezza che tutti noi siamo tenuti ad incrementare per poi restituirla… e questo atto di forzarci ad aumentare il nostro livello di consapevolezza è il modo in cui l’Aquila -Infinito o mare oscuro della consapevolezza- ci dà il suo affetto… dopo averla ripresa indietro la ridistribuisce nuovamente a tutte le creature viventi… leggi: consapevolezza = affetto.
I veggenti del lignaggio di don Juan hanno però scoperto che l’Aquila non è affatto interessata alla nostra morte, ma solo alla consapevolezza che rivuole indietro, così essi hanno escogitato una sorta di stratagemma: la Ricapitolazione.
Si tratta di ridare indietro all’Aquila la consapevolezza prodotta dalle nostre esperienze di vita, senza dover necessariamente morire.

“Ad ogni essere vivente è stato concesso il potere, se così desidera, di cercare un varco verso la libertà e di attraversarlo. E’ evidente a colui che vede, così come alle creature che lo attraversano, che l’Aquila ha concesso tale dono allo scopo di perpetuare la consapevolezza.”
“Attraversare la frontiera verso la libertà non significa vita eterna nell’accezione comunemente data all’eternità, ossia vivere per sempre. Significa piuttosto che il guerriero è in grado di mantenere la consapevolezza che, di solito, viene abbandonata al momento della morte. Al momento dell’attraversamento, il corpo nella sua interezza è saturo di conoscenza. Ogni cellula diviene immediatamente consapevole di sé nonché della totalità del corpo.”
( Carols Castaneda, ‘La Ruota del Tempo’, pagg. 195 – 196 )

Questo è propriamente quello che gli sciamani chiamano fare il fuoco dal profondo, ovvero un modo di andarsene da questo mondo senza morire, ridando indietro all’Aquila una copia della consapevolezza acquisita tramite le nostre esperienze di vita, senza però abbandonare la nostra forza vitale… fare il fuoco dal profondo vuol dire trasformare tutto il nostro essere in un’energia particolare che ‘conserva il marchio della nostra individualità’, trasferendo tutta la nostra consapevolezza nel corpo energetico e diventando pura energia… ed avendo in questo modo accesso a quella che viene definita la libertà totale.

Attraverso la Ricapitolazione possiamo anche recuperare l’energia dispersa nella nostra vita e ridistribuirla in maniera uniforme in tutto il nostro essere.
Come si fa?
Si inizia col fare un elenco delle persone che abbiamo conosciuto nella nostra vita, partendo dal presente ed andando indietro nel tempo, fino alla nascita… o al concepimento.
Si parte dalle persone, perché è proprio attraverso le interazioni con gli altri che disperdiamo la maggior parte della nostra energia, soprattutto attraverso le relazioni di coppia, infatti sarebbe auspicabile iniziare proprio dalle persone con cui abbiamo avuto delle relazioni sessuali.
Una volta fatta la lista, iniziamo dalla prima persona e cerchiamo di ricordare tutte le esperienze avute con lei: va fatto entrando nella scena in maniera totale, e più che ricordati, gli episodi vanno rivissuti, proprio come se fossimo lì in quel momento… rivediamo quella persona, le altre coinvolte -se c’enerano, gli spazi, i colori, i suoni, gli odori, i sapori; cosa abbiamo fatto, cos’abbiamo detto, cosa ci è stato detto o fatto… come abbiamo reagito; cosa stavamo pensando, com’era la posizione del nostro corpo ed il nostro stato d’animo… tutto, in ogni minimo dettaglio… tanto più riusciamo a rivivere, tanto più riusciamo a recuperare e liberare l’energia coinvolta in quell’interazione.
Quando abbiamo ben chiara la scena in tutti i suoi particolari iniziamo a respirare utilizzando la tecnica del respiro spazzante, che consiste nel muovere delicatamente la testa da una parte all’altra, da una spalla all’altra, per il tempo necessario affinché la scena davanti a noi non ci dà più alcuna emozione.
Poi ringraziamo, inviamo il nostro affetto e lasciamo andare.
Attraverso il loro vedere i veggenti hanno capito che, poiché la respirazione è qualcosa di essenziale alla nostra sopravvivenza, è proprio attraverso la respirazione che possiamo ridare all’Aquila la consapevolezza che ci aveva prestato alla nascita.
Tale respirazione è di per sé un atto magico, va fatta con l’intento specifico recuperare l’energia dispersa nelle nostre interazioni con gli altri: ridando indietro i filamenti energetici che gli altri hanno lasciato dentro noi e riprendendoci quelli che noi abbiamo lasciato negli altri.
Quindi inspiriamo con l’intento di recuperare la nostra energia, ed espiriamo con l’intento di ridare indietro quella che non ci appartiene. In questo maniera, non solo liberiamo gli altri dai legami energetici che hanno con noi ridandogli la loro energia, ma recuperiamo anche la nostra integrità energetica; in modo che l’energia che è dentro di noi sia soltanto nostra… e questo è l’unico modo per sapere chi noi siamo veramente; ed è anche l’unico modo che abbiamo per entrare nell’Infinito, perché non è possibile farlo finché la nostra energia è mescolata con quella di altri esseri. Affinché l’Aquila ci permetta di passare oltre dobbiamo essere soltanto noi: il nostro guscio luminoso, pulito da qualsiasi legame: libero.
Ricapitolando riusciamo a recuperare l’energia trattenuta in tutte le emozioni vissute in quella scena, e a liberarci di tutti i sentimenti e le emozioni moleste che ancora abbiamo riguardo a quella scena… in questo modo riusciamo anche a ripulire le nostre relazioni con gli altri, ad interagire con loro con più distacco; il che non vuol dire che non gli vogliamo più bene, anzi, è vero il contrario: quando non c’è più tutta la zavorra resta soltanto l’affetto… un puro e sincero sentimento di affetto astratto.
Questo è anche l’unico modo di lasciare davvero libere le persone…
l’unico modo di amarle veramente.

Inoltre, quando Ricapitoliamo spostando continuamente la nostra attenzione avanti e indietro nel tempo, dal presente al momento del passato che vogliamo rivivere, costringiamo, in qualche modo, ‘con la forza della memoria’ il nostro punto di assemblaggio a spostarsi avanti e indietro; e questo gli dà la fluidità necessaria, una fluidità che è di estrema importanza sia per poter affrontare l’ignoto, che per vivere appieno la nostra vita quotidiana… che in questo modo diventa molto più interessante, più diversificata e più intensa.
Attraverso la Ricapitolazione possiamo acquistare anche la fluidità percettiva che deriva dallo spostamento del punto di assemblaggio ed individuare i nostri schemi di comportamento, da dove vengono, come si sono originati e come possiamo allargare la nostra percezione per non rimanere prigionieri di questi schemi.
Se guardiamo bene ci rendiamo conto che in fondo facciamo sempre le stesse cose, ci mettiamo sempre nelle stesse situazioni, ripetendo sempre lo stesso modello di comportamento in maniera coatta, senza riuscire ad uscirne mai… tutti abbiamo i nostri schemi e non sono neanche tanti, forse uno, due o tre, al massimo…
Ad esempio, se subiamo un trauma da piccoli le emozioni si contraggono e creano dei blocchi energetici in alcune parti ben precise del nostro corpo, il quale tende ad assumere delle posizioni specifiche proprie di quel tipo di trauma. Queste posizioni vengono poi memorizzate a livello microcellulare nel nostro corpo, ed ogni volta che il corpo rivive qualcosa di simile a quel tipo di trauma, tende a riassumere la stessa postura fisica e la mente a riattivare gli stessi pensieri.
Così, possiamo dire che, ogni posizione del corpo è associata ad un dialogo mentale e viceversa, ed è ovvio che modificando l’uno cambia anche l’altro.
Va precisato che per posizione del corpo non s’intende se stavamo in piedi, seduti, o sdraiati, ma cosa succede nel nostro corpo: mascelle serrate, stomaco contratto, schiena curvata in avanti, etc.
Attraverso la Ricapitolazione è possibile vedere tutto questo e cambiarlo, possiamo anche decidere quello che vogliamo tenere nella nostra vita e quello che non ci serve, che ci fa solo disperdere stupidamente la nostra energia ed eliminarlo.
Non dobbiamo per forza vivere tutta la nostra vita in un solco prestabilito, seguendo un solo modello di comportamento fino alla nausea, prosciugando in questo modo tutta la nostra energia; una volta che il modello è stato smascherato, possiamo abbandonarlo e cercare qualcos’altro di più confacente al nostro benessere fisco, mentale, emotivo ed energetico… possiamo scegliere!
Possiamo scegliere se restare intrappolati tutta la vita nelle strette reti della socializzazione forzata, che siamo stati costretti ad accettare in maniera inconsapevole, o se vogliamo davvero decidere consapevolmente qualcosa per noi stessi, qualcosa che parta dall’essenza del nostro vero essere, possiamo scegliere di essere liberi… dipende solo da noi.

Ovviamente la Ricapitolazione non riguarda soltanto il nostro interagire con le altre persone, ma coinvolge anche tutto quello che abbiamo vissuto nella nostra vita, e soprattutto comprende anche gli avvenimenti impersonali in cui ci siamo imbattuti.

All’inizio, parlando della biografia di C. Castaneda, abbiamo detto che il libro, ‘Il lato attivo dell’infinito’ è la sua biografia astratta, intendendo con questo la ‘storia’ della sua vita totalmente ricapitolata. Una ‘storia’ che non ha più nulla di personale, in cui egli si limita ad elencare, seppur con un grande sentimento astratto, gli eventi memorabili della sua vita.
Un evento memorabile è una vicenda della nostra vita, che non riguarda solo noi stessi ma interessa tutto il genere umano nel suo insieme, ed è qualcosa che accade ad un livello più sottile: è un fatto impersonale ed astratto. E’ un fatto di cui siamo stati testimoni e siamo stati in grado di cogliere la manifestazione dello spirito, qualcosa che ha cambiato per sempre la nostra vita.
Così C. Castaneda in questo bellissimo libro ha voluto condividere con noi la sua vera, e più essenziale biografia, quella in cui è stato a contatto con l’Infinito… facendo un gesto, proprio nei confronti di quello stesso Infinito: liberarsene… per poter accedere a quella libertà totale, alla quale è possibile accedere soltanto dopo essersi liberati dalla propria storia personale.

“ Con ardore desiderai allontanarmi – di Dylan Thomas

Con ardore desiderai allontanarmi
Dal sibilo dell’impotente bugia
E dai vecchi terrori che senza posa gridano
E più orridi crescono quando il giorno va via
Oltre il colle nel mare profondo.

Con ardore desiderai allontanarmi
Dalla ripetizione degli addii,
Perché ci sono spiriti nell’aria
Ed echi spettrali sulla carta,
E il tuono che chiama e fa segno.

Ho bramato di andarmene ma temo;
Un po di vita non ancora spenta
Potrebbe esplodere dalla vecchia bugia
Che brucia in terra, e crepitar nell’aria
E mezzo accecarmi.
Né per l’antica paura della notte,
L’addio del cappello alla chioma,
Labbra increspate al microfono,
Mi getterò sulla piuma della morte.
Perciò vorrei non curarmi del morire,
Un po convezione – un po bugia.”

* * *

TENSEGRITA’

La parola Tensegrità nasce dall’unione di due termini: tensione e integrità, che sono le due forze portanti dei Passi Magici.
La tensione si riferisce all’attività creata dalla contrazione e dal rilassamento dei muscoli e dei tendini del corpo, e l’integrità alla considerazione del corpo come un’unità perfetta; completa ed integra, si tratta di quell’integrità energetica che avevamo alla nascita e che poi abbiamo perduto.
L’integrità tuttavia non è qualcosa che riguarda solo il singolo individuo, ma va esteso anche alle altre persone con cui interagiamo, all’ambiente in cui viviamo e a tutto ciò che ci circonda. Proprio perché tutto è connesso con il tutto e tutto è energia, se proviamo un momento a sentire che tutto è energia, ci rendiamo conto che ogni piccolo cambiamento va a modificare anche tutto il resto intorno.

“Se ci soffermiamo un attimo a riflettere su alcuni tratti salienti della nostra esistenza, ci rendiamo conto di quanto, ad un livello puramente naturale, la nostra sopravvivenza sia legata a quella del nostro pianeta. Se sulla terra non ci fosse ossigeno noi non avremmo ne aria né acqua, non potremmo esistere. Se il nostro pianeta non attuasse il suo moto di rotazione intorno al proprio asse e di rivoluzione intorno al sole, se non si trovasse esattamente alla distanza in cui si trova dal sole, e se quest’ultimo, oltre al movimento di rotazione su se stesso non partecipasse al moto di traslazione nello spazio verso la stella Vega della costellazione di Ercole, partecipando anche alla rotazione della Via Lattea e alla sua traslazione nello spazio, etc.” ( Maria Capaldi, ‘Oltre i limiti del corpo’, p. 216 )

Noi non siamo soltanto degli oggetti in un mondo fatto di oggetti solidi ed immutabili, noi siamo anche energia, che vibra, vive, si muove e fluisce in un mondo di energia duttile, che si trasforma continuamente.
Praticare la Tensegrità vuol dire proprio questo: essere fluidi e seguire l’energia.

La premessa di base della Tensegrità è che la nostra quantità di energia non può né aumentare né diminuire, tutta l’energia che disperdiamo nelle nostre normali azioni della vita quotidiana, fuoriesce dai nostri maggiori centri vitali e va a depositarsi sulla parete interna del nostro guscio luminoso; e lì rimane inutilizzata per tutta la vita.
Ad un veggente tale energia appare come la buccia di un’arancia rivoltata verso l’interno con questo strato di energia incrostata tutt’intorno, a cui però noi non siamo più in grado di accedere, ma questo non vale per gli sciamani, essi possono accedere di nuovo a quest’energia e ridistribuirla all’interno del corpo, in modo da farla ritornare a circolare nei principali centri vitali.
I principali centri vitali del corpo umano si trovano nella zona del fegato e della cistifellea -centro dell’azione diretta, in quella della milza e del pancreas -centro del sentimento, in quella dei reni e delle ghiandole surrenali -centro delle azioni sostenute nel tempo, alla base del collo -centro delle decisioni; e nelle donne nell’area dell’utero e delle ovaie -centro della percezione diretta.
L’energia liberata attraverso la pratica dei Passi Magici e della Ricapitolazione è in grado di ridistribuirsi da sola nei vortici energetici dei principali centri vitali.

Quando C. Castaneda non aveva ancora compreso le potenzialità dei Passi Magici, che don Juan aveva sempre praticato, non riusciva a capacitarsi del fatto che, nonostante egli fosse molto più vecchio di lui, al punto che avrebbe potuto tranquillamente essere suo nonno, aveva un prestanza fisica sbalorditiva; C. Castaneda al suo confronto sembrava vecchio. E don Juan gli spiegò che il suo vigore fisico dipendeva dalla pratica di quei movimenti.

I Passi Magici sono posizioni, respirazioni e movimenti scoperti in sogno dagli sciamani del lignaggio di don Juan, i quali grazie al loro vedere, scoprirono che mentre sognavano, assumevano delle posizioni e facevano dei movimenti dai quali traevano un immenso benessere psicofisico, allora iniziarono a rifarli anche da svegli; ed iniziarono ad insegnarli anche ai loro apprendisti, avvolti in un alone di grande mistero.
C. Castaneda è stato l’ultimo Nagual del lignaggio di don Juan, ed egli gli aveva consigliato di chiudere la porta quando se ne andava, così lui lo fece chiudendola con un fermaglio d’oro. Lo fece cioè divulgando la conoscenza tolteca, che era rimasta segreta da tempi immemorabili, lo fece adattando l’incredibile mole di Passi Magici, che lui e le altre tre apprendiste di don Juan conoscevano, in una maniera che potessero essere praticati da tutti.
Facendo questo, come un gesto di un enorme affetto astratto nei confronti del genere umano, egli ha dato a tutti la possibilità -e stiamo parlando di una possibilità enorme- di evolversi attraverso questo tipo di conoscenza: la conoscenza silenziosa degli antichi toltechi, appunto.
Tale fermaglio d’oro è oggi costituito dall’enorme quantità di praticanti di Tensegrità sparsi su tutto il pianeta, soprattutto in America e in Europa, che praticano sia singolarmente che in gruppo.

Negli anni ’90 C. Castaneda ha fondato Cleargreen, un centro che ha sede a Los Angeles per incrementare la consapevolezza, con lo scopo di diffondere al pubblico questa conoscenza nella sua forma moderna chiamata Tensegrità.
La Tensegrità è stata, ed è attualmente insegnata in molte parti del mondo attraverso Seminari e DVD sponsorizzati da Carlos Castaneda, Carol Tiggs, Florinda Donner Grau e Taisha Abelar; ed ora da Renata Murez e Nyei Murez.

“Il nome Cleargreen riconosce che siamo esseri luminosi, che riflettono nei propri campi energetici i vari colori dello spettro della luce, e che, per noi in questo momento, una sfumatura di buon auspicio a cui guardare, è un verde translucido: è la sfumatura del centro del cuore e il posto più naturale del punto d’assemblaggio -il fiore ( in nahuatl, xochitl ) della coscienza, attraverso il quale possiamo spostare il nostro punto di orientamento della realtà. E’ il centro del nostro coraggio, una qualità che don Juan chiamava intento inflessibile, una percezione prolungata di scopo e passione unica degli esseri umani, che possiamo dirigere verso una nuova coscienza, sul modo in cui interagiamo nel mondo moderno: centrato su uno scambio consapevole e volto ad un arricchimento reciproco, con gli esseri e con il mondo intorno a noi.
Il simbolo di Cleargreen, un paio di libellule iridescenti nell’atto di sorreggere un uovo luminoso, richiama la nostra attenzione su alcuni tra gli esseri preistorici più antichi che intentarono il volo, e sulla nostra natura energetica come esseri luminosi. Don Juan credeva che se gli umani potessero unirsi cooperando per riconoscere ed integrare la propria essenza energetica, potrebbero evolversi e prendere il volo, in termini di consapevolezza.”
( http://www.cleargreen.com/it )

Attualmente Cleargreen organizza regolarmente Seminari internazionali in cui i praticanti si trovano sia per avvicinarsi la prima volta a questa conoscenza, sia per sperimentarne gli effetti più in profondità.
Quello che si può apprendere in questi Seminari, attraverso gli esercizi che vengono insegnati può essere simile, ma anche diverso, da quello che abbiamo letto sui libri di C. Castaneda, questo perché gli strumenti e le procedure che sono state insegnate a lui erano specifiche per lui, per la sua conformazione energetica.
Generalmente in un Seminario, attraverso la pratica delle arti dei veggenti sopra descritte, è possibile sperimentare un cambiamento di percezione, che fa sentire il praticante più in forma fisicamente ed energeticamente, più acuto ed attento mentalmente, con una maggiore sobrietà emotiva e con un senso di generale benessere.
Questo avviene proprio perché tutte queste arti agiscono sul nostro doppio energetico che è connesso con una forza dell’universo che i veggenti di questo lignaggio chiamano: Spirito o Intento.

I Passi Magici sono stati descritti per la prima volta nel libro: ‘Tensegrità’, di C. Castaneda, prima egli non ne aveva mai parlato, don Juan gli aveva consigliato di non farlo, perché erano rimasti avvolti per secoli in un manto di segretezza.
Secondo don Juan i Passi Magici sono talmente potenti che sarebbe meglio limitarsi a praticarli senza parlarne affatto, poiché attraverso la pratica di questi movimenti possiamo spostare la nostra percezione ed accedere alla consapevolezza del nostro corpo energetico.
Attraverso la pratica dei Passi Magici, soprattutto con l’esecuzione di lunghe serie di movimenti, possiamo sperimentare uno stato di saturazione della mente che porta al silenzio interiore, uno stato molto ambito dagli sciamani, poiché grazie al silenzio possiamo spostare la nostra percezione dalla consapevolezza del corpo fisico a quella del corpo energetico.
Grazie alla ridistribuzione dell’energia il corpo fisico diventa più forte e più compatto,
e, don Juan diceva che un corpo fisico forte è necessario per poter affrontare l’ignoto, tuttavia questo è soltanto un effetto secondario; lo scopo primario dei Passi Magici è che praticandoli si rafforza la nostra connessione con il corpo energetico e ciò accade attraverso l’energia che fluisce lungo il sistema tendineo, perché sono i nostri tendini i veri conduttori di energia.

Don Juan diceva che questi Passi sono veramente magici, perché “Producono un effetto che non può essere spiegato in base ai normali criteri della vita di tutti i giorni. Questi movimenti non sono esercizi fisici o semplici posture del corpo, ma veri e propri tentativi di raggiungere una condizione ottimale.
La magia dei movimenti è data dal sottile cambiamento vissuto dai praticanti mentre li eseguono. E’ una qualità effimera che il movimento porta alle loro condizioni fisiche e mentali, una specie di luccichio o luce nello sguardo. Questo sottile cambiamento è il tocco dello spirito: è come se, attraverso i movimenti, i praticanti potessero ristabilire un legame inutilizzato con la forza vitale che li sostiene. ( … ) i Passi devono essere eseguiti non come esercizio fisico, ma come un modo di riconoscere il potere.”
( Carlos Castaneda, ‘Tensegrità’, pagg. 21 – 21 )

E fondamentalmente questi Passi sono magici perché quando vengono praticati fanno cadere la nostra maschera della socializzazione, quella con cui tutti noi abbiamo appreso a recitare un ruolo e a vivere nel mondo recitandolo; in un mondo che ha determinato a priori, come e cosa possiamo percepire della nostra stessa natura e della vera natura di ciò che ci circonda.
Ma soprattutto i Passi Magici, proprio perché esulano da tutto ciò di cui abbiamo già un’idea preconcetta, dovrebbero essere praticati senza alcuna aspettativa, con gioia e leggerezza, per il puro e semplice piacere di farlo. Per il piacere che il corpo può realmente ‘sentire’ quando l’energia si ridistribuisce, anche perché solo tale ridistribuzione può permetterci di ‘non rispettare patti a cui non abbiamo preso parte’… una frase molto cara a don Juan, che si riferisce alla libertà di scelta, di qualsiasi scelta si tratti, che è un diritto inalienabile di tutti gli esseri umani.
I Passi Magici possono essere praticati sia da soli che in gruppo, quando C. Castaneda iniziò a mostrare ed insegnare i Passi Magici nei Seminari non aveva ancora idea di come sarebbero andate le cose, ma subito si rese conto che una grande massa di persone che praticava insieme produceva degli effetti spettacolari.
Così egli vide e comprese che neanche don Juan aveva mai saputo, e cioè che una massa di persone che praticano insieme producono una corrente energetica che è come un vento vibratorio… qualcosa che ridistribuisce l’energia tra tutti i presenti e tutti possono usufruirne allo stesso modo; come quando piove in un bosco e tutti gli alberi assorbono l’acqua contemporaneamente.
Inoltre questa corrente vibratoria dà ai praticanti nel suo insieme quello che don Juan chiamava l’intento inflessibile, che è ciò che propriamente caratterizza un Nagual : un intento forte e determinato di cui gli altri normali esseri umani sono sprovvisti. Quindi, questo portò C. Castaneda alla conclusione che quando grandi masse di persone praticano insieme, essi non hanno bisogno del Nagual, che con la sua sola presenza, può dare loro l’intento inflessibile che non possiedono singolarmente.

Esiste un Passo Magico di una bellezza straordinaria che si chiama: L’affetto astratto per il doppio, che serve a richiamare e a rafforzare il legame tra il corpo fisico e quello energetico, si tratta di un Passo affascinante e misterioso che riesce a riavvicinare il doppio energetico proprio attraverso l’affetto.
E l’affetto, soprattutto l’affetto astratto, quello che si raggiunge dopo essersi liberati dagli attaccamenti e che si è acquisito un certo distacco, è di estrema importanza in questo percorso, perché è proprio attraverso l’affetto, il nostro semplice e puro affetto per il nostro doppio energetico, che possiamo riavvicinarlo a noi… nulla è più forte dell’affetto astratto…
al punto che Carol Tiggs, la donna Nagual -o controparte energetica femminile di C. Castaneda- ha detto che ‘l’affetto è la forma più alta di intelligenza’…
al punto che questo percorso di conoscenza è stato anche denominato:
‘la via del cuore’…

“ Ogni cosa è soltanto una strada tra le tante possibili.
Devi sempre tenere a mente che una strada è solo una strada;
guarda ogni strada attentamente e deliberatamente,
mettila alla prova tutte le volte che lo ritieni necessario.
Quindi poni a te stesso, e a te stesso soltanto, una domanda:
‘Questa strada ha un cuore?’
Tutte le strade sono uguali; non portano da nessuna parte.
‘Questa strada ha un cuore?’
Se lo ha la strada è buona. Se non lo ha non serve a niente.”
don Juan Matus in ‘A scuola dallo stregone’ di Carlos Castaneda

di Maria Capaldi -antropologa

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“Maria Capaldi pratica la Tensegrità con il gruppo di Roma da molti anni.
La Tensegrità è la versione moderna della saggezza pratica degli sciamani dell’antico Messico, così come è stata messa a punto da Carlos Castaneda.
Sin dal 2003, quando la Tensegrità ha cominciato ad arrivare in Italia, Maria Capaldi è stata parte attiva e competente nell’organizzazione dei Seminari di Cleargreen, sia in maniera formale che informale.
Attualmente è co-sponsor di Cleargreen per la realizzazione di un nuovo Seminario in Italia per il 2013.”
Renata Murez -direttrice di Cleargreen

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Maria Capaldi si è laureata alla Facoltà di Lettere Moderne di Roma, con una tesi di laurea in antropologia sui testi e sulla Tensegrità di Carlos Castaneda.

È scrittrice e ricercatrice, si è dedicata per molto tempo allo studio dell’antropologia che si adopera al meglio per comprendere ciò che nell’essere umano è naturale o culturale. Ovvero, quanto di noi è energetico, fisico o mentale, poiché dare rilevanza ad uno di questi aspetti a scapito dell’altro porta a confonderci irreparabilmente.

Ha seguito diversi corsi sulla dimensione più spirituale ed energetica dell’essere umano: sciamanesimo, alchimia, rito, mito e magia nelle culture tradizionali.

Ha rilasciato interviste e tenuto numerose conferenze teorico-esperienziali (associazioni, librerie, centri di ricerca e r.a.i) in diverse città italiane sulla Tensegrità di Carlos Castaneda.

E’ autrice di vari articoli e di un saggio sull’opera di Carlos Castaneda, dal titolo: ’Oltre i Limiti del corpo: il sogno del Nagual e il corpo energetico nell’esperienza di Carlos Castaneda’, edito dal Punto d’Incontro.
Ha approfondito e sperimentato gli insegnamenti di C. Castaneda attraverso la partecipazione a numerosi Seminari di Tensegrità tenuti in Europa, California e Messico.

Negli ultimi anni si è dedicata alla ricerca della dimensione energetica della femminilità, ha elaborato e tenuto corsi sull’energia femminile.
E’ un’artista, la sua predilezione è la poesia.

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BIBLIOGRAFIA:

– Carlos Castaneda:
– A scuola dallo stregone. Una via yaqui alla conoscenza, Astrolabio, Ubaldini, Roma, 1970.
– Una realtà separata. Nuovi incontri con don Juan, Astrolabio, Ubaldini, Roma, 1971.
– Viaggio a Ixtlan. Le lezioni di don Juan, Ubaldini, Roma, 1972.
– L’isola del tonal, Biblioteca Universale Rizzoli,  Milano, 1986.
– Il secondo anello del potere, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1985.
– Il dono dell’Aquila, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1988.
– Il fuoco dal profondo, Biblioteca Universale  Rizzoli, Milano, 1989.
– Il potere del silenzio, Rizzoli, Milano, 1989.
– L’arte del sognare, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1993.
-Tensegrità, Rizzoli, Milano, 1997.
– La Ruota del Tempo, Rizzoli, Milano,1999.
– Il lato attivo dell’infinito, Rizzoli, Milano, 1998.

Un giornale di ermeneutica applicata:
– La via del guerriero, Un giornale di ermeneutica applicata, n°1.
– La via del guerriero, Un giornale di ermeneutica applicata, n°2.
– Lettori dell’Infinito, Un giornale di ermeneutica applicata, n°3.
– Lettori dell’Infinito, Un giornale di ermeneutica applicata, n°4.

Abelar, Taisha
– Il passaggio degli stregoni, Il  Punto d’Incontro, Vicenza, 1996.

Donner Grau, Florinda
– Essere nel sogno, Il Punto d’Incontro, Vicenza, 1996.
– Shabono, Il Punto d’incontro, Vicenza, 1996.
– Il sogno della strega, Il Punto d’incontro, Vicenza, 1998.

I TRE DVD, La Tensegrità di Carlos Castaneda:
– Dodici movimenti basilari per raccogliere l’energia e promuovere il benessere, Il Punto d’Incontro, vol. 1, Vicenza, 1997.
– Ridistribuire l’energia dispersa, Il Punto d’Incontro, vol. 2, Vicenza, 1997.
– Passare energeticamente da una fibra di energia ad un’altra, Il Punto d’Incontro, vol. 3, Vicenza, 1998.

ARTICOLO di Maria Capaldi, pubblicato quasi interamente nel  febbraio 2013 in un speciale su Carlos Castaneda sulla Rivista N. 9 di: ‘Oltre Confine’ – Cronache dai mondi visibili e invisibili – http://www.oltre-confine.com/sommario-9.php

 

oltre confine