Un’intervista con Renata Murez e Nyei Murez di Silke Wolter e Javor Ribarov

 

Un’intervista a Renata Murez e Nyei Murez di Silke Wolter e Javor Ribarov

Per il numero di giugno 2013 di Spiegelbeeld, http://www.spiegelbeeld.nl

 

Una riflessione dalle Direttrici Creative di Cleargreen, la società che promuove i workshops e le lezioni di Tensegrity nel mondo—la versione contemporanea delle pratiche che don Juan Matus insegnò ai suoi studenti: Carlos Castaneda, Florinda Donner-Grau, Taisha Abelar e Carol Tiggs. Don Juan era un’indiano yaqui ed erede di un lignaggio di veggenti che ebbe inizio nel Messico antico.

D: Abbiamo sentito che voi accennate ad una ‘nuova abbondanza’– che cosa intendete? E come si può coltivare con la Tensegrità?

R: Secondo la Tensegrità, abbondanza significa apprezzare la meraviglia del momento, tutte le proprie esperienze e possibilità. Don Juan diceva che questo è uno stato d’animo in cui: “Ho tutto ciò di cui ho bisogno per il meraviglioso viaggio della vita.” E la vita stessa è il dono più grande di tutti.

Questo stato d’animo deriva dalla connessione con quell’intelligenza essenziale ed amorevole che don Juan chiamava lo Spirito, che si trova fuori e dentro ognuno di noi. Come promemoria, la parola abbondanza significa “traboccante”. Potremmo così scoprire che abbiamo già quello che cerchiamo. Abbiamo così tante risorse, anche le cellule del cervello e il codice genetico, che non usiamo!

Il nostro legame con l’abbondanza si rinnova e si rinfresca ogni volta in cui riconosciamo i tesori intorno e in noi, l’aria, la luce, gli esseri, il respiro che non sarà mai lo stesso nel momento seguente.

Sostenere questo è un viaggio condiviso e solitario. La parte solitaria si mostra dando il nostro meglio nel praticare quotidianamente la connessione con lo Spirito, assumersi la responsibilità dei nostri sentimenti, pensieri, azioni ed esperienze.

Dolphins

Come animali sociali ci ispiriamo, motiviamo e rispecchiamo a vicenda per creare molto più di quanto faremmo da soli. E dell’abbondanza di un individuo può beneficiare tutta una comunità di esseri senzienti.

Practicare Tensegrity può aiutarci in questo. La parola tensegrity fu coniata dall’architetto visionario R. Buckminster Fuller, che osservò le architetture della natura—per esempio negli alberi, negli atomi, nel sistema solare—e vide che la rete flessibile di tensione che tiene insieme queste strutture, adatta continuamente la sua forma per bilanciare forze interne ed esterne.
Un valido esempio di questo è la cellula. I suoi ricettori di superficie e la rete interna di stringhe e microtubuli, le conferiscono l’incredibile capacità di percepire la vibrazione delle condizioni a portata di mano, adattandole di conseguenza alla propria funzione e forma. Questa fluidità è supportata dal discernimento della cellula di assumere i nutrienti benefici e di eliminare ciò che non serve. Quella è l’essenza dell’abbondanza della cellula!
Carlos Castaneda trovò che questi principi di adattamento e discernimento dinamico, sono in gioco in tutte le pratiche che don Juan gli insegnò—inclusi movimenti fisici e respirazioni, silenzio, sognare, rivedere le proprie esperienze, ed una practica che le integra tutte: il Teatro dell’Infinito.
Potremmo cominciare con un progetto creativo, qualcosa che vogliamo sognare in essere.
Per supportare questo progetto, possiamo praticare i movimenti e le respirazioni. Sul piano del mondo misurabile ciò diventa il sangue e la linfa che scorre, stimola l’immunità, riequilibra il sistema nervoso, rinvigorisce e sintonizza i nostri campi elettromagnetici. Produce anche altri effetti benefici su un piano non misurabile. Tutto ciò porta una sensazione di calma e completezza che ci aiuta ad entrare nel silenzio e ad ascoltare la nostra voce interiore, che fluisce con gratitudine per le benedizioni nella nostra vita.
Da qui, possiamo trovare maggior ispirazione per il nostro progetto, pianificare e mettere in atto le misure necessarie, calibrare o cambiare la direzione se necessario.
E per aiutare l’accesso alla creatività ed affrontare gli ostacoli che incontriamo, possiamo praticare il Teatro dell’Infinito. Questo teatro ha avuto origine con serie di movimenti, come l’albero, la farfalla, o il delfino, che permettono di dare un’occhiata alle interazioni di altre forme di vita e, in un contesto più grande, per le proprie interazioni umane. Oggi la pratica consiste nella recitazione di scene di interazione prese dalla propria vita quotidiana, con l’aiuto di un piccolo gruppo di supporto. Intercalando la recitazione con il movimento e le respirazioni si può ottenere la fluidità di accedere ad una nuova empatia per se stessi e per gli altri; recitando le scene nelle sue infinite opzioni, possiamo recitare la nostra parte e vivere la nostra vita così come l’abbiamo sognata.