QUARTA RISPOSTA: Competizione femminile

zoì rosa gialla

Domanda: Siamo due donne che hanno lavorato insieme in diverse occasioni, nessuna delle quali è andata bene. Vorremmo aiuto per capire quali sono stati i modelli femminili di competizione e di disaccordo tra di noi.


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La mia storia – Sofia
Storia personale: Sono la figlia di mezzo di tre, ho una sorella più piccola e un fratello maggiore.
Mia madre era il lavoratore della famiglia. Di carattere forte, guadagnava più soldi di mio padre con un lavoro fisso nel pubblico impiego, in più dirigeva i lavori di casa e si preoccupava di pagare le bollette. Mio padre era il sognatore – creativo, divertente, affettuoso; le sue idee hanno portato alla creazione di molte aziende ma nessuna è andata a buon fine. Mia madre ha contato sempre molto su di me, la prima figlia, come suo sostegno e sostituta nella gestione della casa.

Ho sempre odiato quel ruolo, inoltre pensavo che mia madre favorisse mio fratello e sorella e che li amasse più di me, dato che spesso si schierava dalla loro parte a mio svantaggio. Ora, mi rendo conto del fatto che le cose non stavano proprio così, ma che mia madre si aspettava, e ancora si aspetta di più di me per il fatto che sono la figlia femmina maggiore. Per qualche ragione però non riesco ancora ad accettarlo serenamente, perché ho ancora fame di quell’amore che sento di non aver mai ricevuto, e mi accorgo di non volere posizioni di potere.
Lasciatemi descrivere una vicenda, che sembra ripetersi nella mia vita.
Alcuni anni fa, ho assunto Maria a lavorare per l’azienda che gestisco insieme a mio marito. Al suo terzo giorno di lavoro, alla fine di un corso, chiedo a Maria di portare i diplomi per gli studenti da distribuire alla fine della lezione. Dando un’occhiata, mi rendo conto che non sono firmati e così chiedo a Maria di passarmi la pila di diplomi per firmarli sul momento. Lei si rifiuta dicendo che avrebbe risolto il problema in un altro modo e chiede agli studenti di ridarle indietro tutti i diplomi. Nonostante il mio “No” lei ritira i diplomi e inizia a discutere con me davanti a tutti. Ho provato vergogna e il mio dialogo interiore è stato: “E’ qui solo da tre giorni e non rispetta quello che dico. Chi pensa di essere? Il capo qui sono io” Nonostante ciò, non la rimprovero né le dico che se il fatto si fosse ripetuto sarebbe stata licenziata.


Questo tipo di episodio si ripete con l’amica con cui sto cercando di andare d’accordo:
Episodio # 1: Cinque anni fa assunsi Argelia a lavorare nell’azienda mia e di mio marito. La stimavo e la reputavo una donna capace. E’ stata responsabile delle fatture ai clienti e a volte commetteva degli errori, e la questione era delicata poiché si trattava di rimetterci dei soldi.

Quello che non mi piaceva di lei è che quando faceva un errore, invece di ammetterlo, si arrabbiava e diventava scortese. Non ha mai ammesso né ha mai chiesto scusa per un errore fatto e si comportava come se fossi io quella che aveva fatto qualcosa di sbagliato. Non mi parlava e aveva un atteggiamento negativo in ufficio e anche al di fuori quando ci incontravamo in situazioni comuni.
Alla fine decise di smettere di lavorare per l’azienda; quando ci parlò, trovò me e mio marito d’accordo e le augurammo ogni bene. Pensai che fosse una buona decisione dato il suo atteggiamento negativo e il fatto che non fosse per niente felice di lavorare con noi.


Episodio # 2: Alcuni mesi dopo, il caso volle che si ripresentasse l’occasione di lavorare nuovamente insieme. La direttrice di una no-profit mi aveva inviato una e-mail chiedendomi se volevo partecipare a un progetto e che mi incaricava di scegliere qualcuno con cui lavorare; allo stesso tempo, però, nel messaggio, era indicata Argelia, come se il partner fosse già deciso.
All’inizio non ero sicura di voler lavorare con Argelia, ma poi non ne feci un problema e decisi di buon grado, stimando le sue capacità realizzative.
Il progetto iniziò; le proposi di incontrarci per organizzare il progetto, e accettò. Un giorno prima della data mi fece sapere che per lei non era più possibile essere presente. Più tardi proponemmo un’altra data; lei accettò ma poi annullò di nuovo. Sapendo che viveva lontano, le dissi che avremmo potuto incontrarci a metà strada. Ci fu una terza data proposta e di nuovo la annullò.

Dopo di che decisi di non insistere. Non avevamo ancora fatto nulla e già partivamo male.
Alcune settimane più tardi, la direttrice ci inviò un altro messaggio. Argelia fece una proposta per il progetto che mi fece notare come lei non avesse letto con attenzione le linee guida da seguire. Il mio dialogo interiore fu : “ho passato settimane a cercare di incontrarmi con lei che non è mai stata disponibile e ora dopo mesi si scopre che non ha un’idea chiara del progetto. Sembra che voglia solo comandare, non collaborare. ”
A quel punto, avevo già lavorato al progetto da settimane, avevo trovato il luogo e tradotto l’invito e la prima domanda per il progetto. Ero sfinita e chiesi ad Argelia un aiuto per fare un compito specifico; lei accettò.
Alcune settimane dopo, le chiesi se aveva svolto quel compito, al ché rispose che non aveva avuto il tempo. Passò un’altra settimana e la risposta fu la stessa. Alla fine decisi di farlo io stessa ma ero furiosa. Il mio dialogo interiore fu: “Perché ha accettato di partecipare se poi non fa nulla?”

Episodio # 3: Quando venne il momento di fare la seconda parte del progetto ci lavorai e completai tutto, ad eccezione di un compito che di nuovo Argelia aveva convenuto di eseguire: inviare messaggi dalla pagina facebook. A causa delle nostre interazioni passate, non mi fidavo di lei e quindi le chiesi l’accesso facebook.

Rifiutò dicendo che avrebbe pubblicato tutto il giorno successivo. Alle due del pomeriggio, non aveva ancora pubblicato nulla ma disse che l’avrebbe fatto alle quindici, come fece; solo che per gli standard messicani è un orario sbagliato: per loro è l’ora di pranzo e quasi nessuno si trova in quel momento al computer. Ancora una volta Argelia aveva compiuto male il suo compito e io mi sentii impotente rispetto alla situazione.

Episodio # 4: Dopo questa schermaglia, dovetti lasciare la città per affari di famiglia. Al ritorno, vidi che non avevo accesso al sistema di posta perché Argelia non aveva pagato l’account.
A questo punto, rinunciai a lavorare con lei. Capii che avrei dovuto lavorare con quello che avevo e che non potevo fare affidamento su di lei. Presi fiducia dal fatto che avevo svolto da me la maggior parte del lavoro e che avrei potuto farcela di nuovo in futuro.

Conclusione: Scrivendo, vedo come il mio desiderio di competenza e affidabilità sulle persone derivi da un episodio della mia infanzia con mio padre. Durante la scuola elementare, mio ​​padre non pagò mai la retta dovuta all’istituto, e questo per mesi e anni. Regolarmente per 5 anni, le suore mi svergognarono davanti ai miei compagni circa il grande debito che avevo con la scuola. Fu mia madre a risolvere la situazione, pagando tutto. Non credo di aver mai risolto dentro di me quell’imbarazzo, e ora, quando si lavora con gli altri, ho bisogno di sapere che manterranno la loro parola, come mio padre non fece, per sentirmi al sicuro. Inoltre, proprio come fu in quel caso, anche oggi io mi sento impotente ad apportare qualsiasi modifica a una situazione, ma mi aspetto di essere salvata da qualcun altro, come fu allora con l’intervento di mia madre


Ci sono ancora parti di questo progetto da finire con Argelia, e so di avere molte cose ancora da imparare dal nostro rapporto. Voglio essere in grado di scoprire tutte le carte tra noi e lavorare insieme dal cuore; non voglio essere scortese e arrabbiata, ma ferma e allo stesso tempo comprensiva.

Cosa posso fare per andare d’accordo con lei e lavorare meglio assieme in futuro ?

RISPOSTA per Sofia:

E’ interessante notare che, come donne, spesso incolpiamo le nostre madri più che i nostri padri. Le nostre madri possono anche essere state impositive e averci costretto ad aiutare in casa, ma allo stesso tempo, spesso sono loronquelle che hanno tenuto insieme la famiglia, pagato le bollette, assicurato cure mediche e un’istruzione adeguata per noi bambini, comprato o cucito per noi il nostro primo abito da ballo, e persino accolto in casa il nostro primo ragazzo. Ma nonostante ciò noi ci sentiamo più ferite dalle nostre madri che dalla noncuranza che possiamo aver ricevuto dai nostri padri.
Perché? Perché viviamo in culture patriarcali, siamo educate a vivere per e nell’apprezzamento del maschio, non importa quanto improbabile possa essere, piuttosto che per l’amore e l’affetto delle donne forti che molte delle nostre madri erano e sono. Naturalmente ci sono eccezioni a questa regola ma queste donne sono la minoranza.
Per risolvere questa svista, come figlie di madri sorprendenti, invece di trovare in loro difetti, soffermiamoci a vedere il mondo attraverso i loro occhi; anche solo momentaneamente, invece di guerreggiarle, cerchiamo di vedere che tipo di donne sono e che tipo di donne possiamo anche noi facilmente essere, se le adottiamo come modello.


Trova un momento di tranquillità per te stessa, nella tua camera o in un posto sicuro nella natura; porta con te carta e penna. Chiudi gli occhi; inspira ed espira profondamente, tre volte. Si può tenere la testa diritta o muoverla da lato a lato con il respiro spazzante. Pensa ora a un momento neutro nella tua infanzia, quando eri con tua madre. Per alcuni istanti, senti tua madre, le sue preoccupazioni, le sue agitazioni, le sue preoccupazioni … e sotto queste emozioni senti quello che lei amava e desiderava, i suoi capricci, i suoi agi e le sue gioie. Unisciti con tua madre per un attimo, e senti il mondo della tua giovinezza attraverso i suoi occhi.
Le piaceva stare a casa ad accudire i suoi figli? Oppure voleva starci ma non poteva perché tuo padre, presente o assente, non portava abbastanza soldi? Sotto tutte le confusioni e le divergenze, tua madre non ti ha forse amato così tanto che ha dato la sua giovinezza per assicurarsi che tu avessi tutto il necessario? La ragione di molte delle cose che ha fatto non era forse questa: tu? Non eri tu la prima cosa in mente a tua madre così spesso? Oppure: se tua madre aveva una malattia o una qualche dipendenza e non poteva fare tutte le cose necessarie che una madre fa per i suoi figli, nel più profondo del suo cuore, lo voleva e semplicemente non era in grado?
Alla fine della tua visualizzazione, inspira ed espira dolcemente, in profondità, per tre volte; apri gli occhi. E annota tutto quello che tua madre ha fatto per te, e tutti i meravigliosi tratti che tua madre possiede.
Ora, porta la tua attenzione su di te. E chiediti e scrivi – che punti di forza e caratteristiche hai uguali a tua madre?


E, richiudi gli occhi; inspira ed espira profondamente, tre volte. E chiedi a tua madre, dentro di te, come risolvere la situazione con Argelia, o qualsiasi situazione – ascolta quel che ti dice di fare; apri gli occhi e scrivi


Praticando questo esercizio, puoi facilmente vedere che la tua madre interiore o tu avete trovato la soluzione o parti della soluzione, al tuo dilemma. Tua madre sa come organizzare e far fronte alle scadenze – lo ha fatto per se stessa, per la sua famiglia e per te e – per analogia- lo sai anche tu. Tua madre sa che un valido responsabile non dimentica mai di vedere il “quadro generale” della situazione e sa dirigere gli altri a rimanere in linea, non solo per il loro bene ma per il bene del funzionamento di tutta la famiglia.


Smettendo di incolpare le nostre madri e accettando i loro doni potenti dentro di noi, potremmo arrivare ad amare di più, non solo loro, ma anche noi stesse, senza trovare più scuse per non farlo.

Amare me stessa, trovare il mio proprio potere di donna…per molte di noi, è distante quanto accettare le nostre madri interiori. E se le nostre madri sono riuscite in qualche modo a far funzionare le nostre famiglie di origine, spesso nonostante grandi difficoltà, pensiamo quanto hanno da insegnarci su come dirigere i nostri affari e le nostre vite!


La mia storia – Argelia


Storia personale: Inizierò dicendo che sono la figlia maggiore e ho due fratelli, uno di 6 e l’altro di 7 anni. Fin dalla mia infanzia, in aiuto ai miei genitori, mi sono occupata di loro, come dar loro da mangiare, cambiargli i pannolini, ecc. Con l’aumentare dell’età, le responsabilità sono ancora cresciute finché a 17 anni, dovevo anche badare che andassero a scuola, preparare loro la cena, aiutarli a fare i compiti, pulire la casa, ecc. Entrambi i miei genitori lavoravano e allo stesso tempo studiavano all’Università. Dopo le lezioni mia madre andava a lavorare e tornava a casa alle 9 di sera. Mio padre di lavori ne aveva due: uno flessibile all’università, che gli permetteva anche di frequentare e un altro come insegnante alla scuola superiore;

inoltre era attivo nella comunità e a volte tornava a casa più tardi di mia madre. Nonostante i due stipendi, la nostra famiglia a malapena aveva abbastanza soldi per coprire le spese e mio ​​padre spendeva quel poco tempo e denaro avanzato in attività amorose con altre donne; a volte il giorno stesso di paga era dedicato a queste frequentazioni, piuttosto che a noi. In questo senso, solo mia madre manteneva la parola data di onorare e proteggere la sua famiglia.
A 17 anni cominciai a uscire con gli amici, ad andare a feste e concerti e rincasavo sempre molto tardi, cosicché decisero di darmi più responsabilità, come sorta di punizione, per tenermi a casa.
E’ a questo punto che mi ribellai – una volta non andai a prendere a scuola i miei fratelli che aspettarorono ore da soli nel cortile della scuola; smisi di pulire e cucinare per loro costringendo mia madre a cucinare quando rientrava in casa.
Per questa mia sfacciataggine giovanile, lei mi diceva cose come: “ non posso fidarmi di te; mi hai delusa; non mi aiuti; non vedi che lavoro tanto; cosa ti passa per la testa?”
Inoltre, mia madre sottolineava ogni mio errore: “Questo non è ben fatto, sembri sciocca, com’è che non sai come si fa?” e questo tipo di osservazioni mi rendevano ancora più rigida e testarda.
Da quel momento, i miei rapporti con donne in posizioni di autorità non sono migliorate e la mia cecità verso uomini che non accettano le loro responsabilità è rimasta la stessa. Quello che non vedevo allora, ma ora scrivendo mi è parso chiaro, è che la mia ribellione e la disobbedienza contro mia madre è un tratto ho copiato da mio padre. E’ stato lui che ha voluto tutto, una moglie e una famiglia ma senza tutte le responsabilità del prendersene cura; era lui che sognava la ‘rivoluzione’ e voleva ‘andare contro il sistema; è stato lui che ha abbandonato mia madre emotivamente per andare tra le braccia di altre donne. Ed io, come mio padre, ho preteso ugualmente da mia madre, senza vedere come quello che facevo danneggiasse lei e la nostra famiglia.
In pratica, ho copiato il comportamento di mio padre, portandomi su un percorso di vita contro le donne in autorità …
Il mio primo lavoro vero è stato quando avevo 18 anni. Il mio capo era una mia zia acquisita, Lourdes. Era un lavoro al computer – Gestione di programmi e assistenza. Anche se ero qualificata per questo lavoro, non arrivavo puntuale come invece Lourdes desiderava. Mi piaceva fare le cose a modo mio e Lourdes dettava regole.
Io non accettavo le sue regole perché non accettavo la sua autorità. A volte mi rimproverava per il ritardo e io mi sentivo a disagio nel sentirmi dire di correggere il mio comportamento. Mi aveva affidato il compito di aprire l’ufficio e molto spesso succedeva che arrivavo con un’ora di ritardo, facendo aspettare i clienti e causando perdite per la sua attività.
Proprio come mi comportavo a casa con mia madre, continuavo a negare e a difendermi, finchè cominciai, ogni qual volta Lourdes mi pressava, a non andare più al lavoro. Alla fine lei mi licenziò.
Riflettendo ora, capisco di non aver mai accettato il fatto che Lourdes fosse il capo e, come tale, in diritto di dettare regole, dal momento che mi dava uno stipendio. Inoltre non la vedevo prendersi cura e impegnarsi nel far crescere la sua attività e non capivo perché voleva scaricare responsabilità su di me visto che non era in condizioni di necessità come per esempio era stata mia madre con bambini piccoli da crescere.
Ora vedo come la cosa più importante per me allora era “io!” simile all’ egoismo di mio padre per i suoi piaceri personali. Non pensavo agli altri, sentivo solo che la vita era “così ingiusta con me” e che tutti mi dovevano dare ciò che desideravo. Non avevo idea che bisognasse rispettare chi mi pagava lo stipendio che mi serviva per mantenermi.


Solo ora comincio a rendermi conto. Visto che non ho le competenze per iniziare una attività in proprio e devo comunque guadagnare per vivere, è necessario un cambiamento; intanto facendo quello che i miei capi mi dicono, in cambio del lavoro che mi offrono. Se li ascolto e smetto di combatterli, posso imparare da loro!


Il mio comportamento irrispettoso nei confronti delle donne è continuato anni …


Episodio # 1: Qualche anno fa, ho lavorato con Sofia come impiegata nella sua azienda. Molte volte mi sono sentita a disagio, come nel caso in cui commettevo errori, o quando lei si sedeva accanto a me per vedere come lavoravo e mi diceva il modo in cui si facevano le cose. Molte volte la sentivo autoritaria e che rimarcava troppo i miei errori.

Non mi piaceva aver a che fare con lei in quel contesto, perché mi ricordava la mia precedente esperienza in famiglia. Ero consapevole anche della mia resistenza e ribellione nei suoi confronti- nel non voler fare quello che chiedeva. Il mio dialogo interiore era che volevo che mi lasciasse in pace, le stesse parole che pensavo da bambina verso mia madre, le stesse che ricordo di aver sentito dire a mio padre verso mia madre.

Anche questa esperienza si concluse nel voler lasciare il lavoro, e Sofia e suo marito furono d’accordo con questa decisione.


Episodio # 2: Recentemente, tuttavia, Sofia mi ha detto di voler fare un altro progetto insieme, una cosa che le stava molto a cuore e io le ho dato la mia disponibilità. La direttrice dell’organizzazione che l’aveva coinvolta nel progetto, le disse di chiedermi se volevo collaborare e io dissi ‘Sì.’
Scrissi a Sofia una mail per esporle le mie idee a riguardo, però, lei non mi rispose. Più tardi vengo a sapere che aveva inviato una mail alla direttrice, ignorandomi, e il mio dialogo è stato: “A lei non interessa quello che dico.”
Per questa ragione persi interesse per il progetto. Inoltre, non avevo più tempo da dedicargli perché il mio programma di lavoro intanto era cambiato e perciò avevo dovuto annullare alcuni appuntamenti concordati con lei precedentemente.
Riconosco ora che su questo è stata colpa mia, ma ogni volta che mi chiedeva un appuntamento voleva che fosse a casa sua, molto lontano da dove abito, ci vuole un sacco di tempo per arrivarci con i mezzi pubblici e in taxi è una spesa.
Inoltre, non ha mai condiviso i materiali del progetto con me. Si è sempre rifiutata di inviarmeli, continuava a insistere che dovevo andare a casa sua, ma non mi era possibile. Le ho suggerito di parlarci su Skype, ma non ho ricevuto mai risposta.
La data di consegna del progetto si faceva sempre più vicina e Sofia mi chiese come dovevamo fare. Le diedi due opzioni: 1) di inviarmi le informazioni e organizzavo io, o 2) lavorare insieme su Skype.

Ha avuto da ridire su entrambi: se organizzavo io da sola le informazioni ci sarebbe stato solo il mio punto di vista e rifiutò anche di lavorare su Skype.
Mi arrabbiai e le scrissi che se voleva lavorare con me ci dovevamo incontrare di persona nella mia casa o al mio posto di lavoro perché non avevo un’auto né denaro per un taxi. Le scrissi che sentivo che lei voleva fare sempre le cose a modo suo e che era inflessibile. E ‘stato un messaggio molto diretto che probabilmente l’ha ferita ma eravamo arrivate a un punto tale che dovevo esprimere i miei sentimenti perché mi aveva provocato troppo.
Dopo di che mi ha inviato solo la parte delle informazioni su cui voleva che lavorassi; senza una visione globale, mi sentivo disorientata. Si lamentava che non l’avevo sostenuta e che l’avevo lasciata sola nel progetto. Per me è stato sempre più e più e più difficile continuare a lavorare insieme.


Episodio # 3: Alcuni anni fa aprii una pagina Facebook per pubblicare informazioni sull’organizzazione. Da allora sono stata la responsabile di quella pagina. Ho determinati giorni e orari per fare determinate pubblicazioni. Sofia a un certo punto mi ha chiesto di pubblicare qualcosa sul progetto. Mi stavo preparando a farlo, il Mercoledì alle 03:00, che è il giorno e l’ora in cui di solito faccio tali pubblicazioni.
Mi scrisse una e-mail circa alle 13:00. L’e-mail sembrava un’accusa perché non avevo ancora pubblicato il suo annuncio. Disse che l’ora migliore sarebbe stata alle 11:00, ma quando mi aveva chiesto di pubblicarlo lei non mi specificò in quale momento voleva che lo facessi. Sembrava come se mi stesse rimproverando e mi sentii a disagio.
Di nuovo provai una sensazione di pressione e pretesa e un peso allo stomaco.

Se lei mi avesse detto a che ora specifica voleva che facessi la pubblicazione, la sua richiesta poteva essere giustificata, ma siccome non lo fece, come potevo io immaginare quello che voleva. Inoltre, da parte mia, anche io non chiesi nulla riguardo l’orario e dunque avevo dato per scontato che le 3 del pomeriggio andasse bene; prima non avevo tempo di farlo.


Episodio # 4: Il confronto seguente fu sul nostro sistema di e-mail, con pagamento registrato sulla mia carta di credito a rinnovo automatico mensile. Usiamo questo servizio per inviare inviti e informazioni di rilievo inerenti gli eventi. Negli ultimi mesi avevo dovuto pagare questo servizio di tasca mia e avevo visto che non riuscivo più a sostenerlo.
Quando il progetto è iniziato, Sofia mi aveva inviato alcune e-mail usando questo servizio; Mi sarei aspettata che mi pagasse per queste consegne, ma lei non lo fece e io non fui in grado di chiederle del denaro.
Così, quando più tardi Sofia è entrò nuovamente nel sistema, il servizio risultò sospeso e che non poteva essere utilizzato fino a quando non fosse stato rinnovato il pagamento. Mi sentii in colpa, perché così Sofia non poteva inviare gli inviti agli eventi del progetto, però, allo stesso tempo pensai che se voleva utilizzare il servizio doveva pagarlo. Come mio padre, che non discusse mai con mia madre le ragioni per le quali era infelice nel loro rapporto e per cui dormiva con altre donne, io non ero in grado di discutere le mie questioni con Sofia.
Conclusione: Dopo questa scrittura e ricapitolazione sull’argomento, mi rendo conto che seguo il mio vecchio modello di dire ‘sì’ a tutto, ma poi di non essere in grado di impegnarmi pienamente, ancora una volta come mio padre. Quando Sofia mi ha chiesto se volevo partecipare a questo progetto, ho detto ‘sì’, ma dentro di me sapevo di non avere tempo sufficiente per farlo.
Ad oggi, il progetto non è finito e continua, ma Sofia ha cercato altre persone con cui collaborare. Ho la sensazione che nessuna di noi due abbia la comprensione finale di quello che è successo. E lei ha semplicemente deciso di cercare colleghi di lavoro altrove.

Sotto tutto questo polverone, so che ci vogliamo ancora bene e che proviamo grande affetto l’una per l’altra. Ma io, e probabilmente anche lei, sento di non avere le competenze per aggiustare le cose. Mi piacerebbe davvero imparare come non ritrovarmi sugli stessi binari di nuovo con nessuno.


RISPOSTA per Argelia:

Come tu stessa hai scoperto, le tue relazioni con le donne hanno poco a che fare con tua madre e molto a che fare con tuo padre. Se sei stata una bambina o una donna, che adorava il padre e lo preferiva alla madre, è molto probabile che avrai accettato che tuo padre non può sbagliare e che avrai impresso il suo schema su di te.
In casi del genere, è buona cosa sapere qual è l’opinione di nostro padre su nostra madre e sulle donne in generale, perché è più che probabile che pensiamo e sentiamo nello stesso modo.


Trova un momento di tranquillità tutto per te, in camera o in un posto sicuro nella natura; porta con te carta e penna. Chiudi gli occhi; inspira ed espira profondamente, tre volte. Si può tenere la testa diritta o usare il respiro spazzante da lato a lato. E torna indietro a qualche scena in cui tuo padre e tua madre erano insieme.

Qual era il modo in cui tuo padre trattava tua madre? La aiutava in casa con la sua giusta parte di lavori domestici o si trincerava nel suo studio o dietro un giornale, in attesa di essere servito? Si interessava dell’opinione di tua madre sulle questioni di lavoro e quelle familiari, o piuttosto diceva a tutta la famiglia cosa dovevano fare e si aspettava che lo facessero ? Aveva a cuore le figlie femmine come piccoli gioielli e trattava la moglie come una serva? Era presente in famiglia, si coinvolgeva in momenti di svago o nelle questioni più impegnative- esami, problemi con altre persone, decisioni circa le faccende domestiche, la disciplina – o gli piaceva fare le cose con voi bambini lontano da tua madre?
Alla fine del tuo ripasso, inspira ed espira dolcemente in profondità, per tre volte; apri gli occhi. scrivi un elenco di come tuo padre trattava le donne e cosa pensava di loro.
Ora, riporta l’attenzione su di te. Guarda la lista di tuo padre e fai un cerchio su quello che descrive come tu tratti le donne in generale e in situazioni di potere. Scrivi anche qualsiasi cosa riguardi il modo in cui tratti le donne che non è in questa lista.


Da quello che ora sai di te stessa, opera un piccolo cambiamento alla volta in un rapporto attuale che hai con una donna: per esempio, se hai un capo donna, segui le sue indicazioni e arriva al lavoro in orario; o inizia a farle delle domande su ciò che potresti non capire invece di ritenere di essere migliore o saperne più di lei.


Per cambiare più facilmente le tue abitudini con le donne – fai la stessa pratica per amare tua madre e te stessa, scritta sopra per Sofia. Adottando il punto di vista di tuo padre sulle donne, è probabile che tu abbia poco senso di quel che sono- la loro forza, la resistenza interiore, la bellezza e il potere – che come donna, ti rende un po’ distante ed estranea a loro così come a te stessa. Riporta a te stessa il tuo potere; fallo amando la saggezza all’interno di tua madre, la stessa saggezza e altra ancora che è dentro di te. Accresci il rispetto verso tua madre; cresci nel rispetto di te stessa. Come prima cosa ama, apprezza e ammira le donne, e poi dopo cerca di cambiare le tue abitudini di comportamento verso di loro, che sono state copiate da tuo padre.

Per quanto riguarda la seconda richiesta su come imparare a stringere relazioni professionali con le donne in modo nuovo, ti prego di leggere quanto segue:


A. Per tutte e due: Ecco alcune semplici linee guida da seguire che possono rendere migliori le collaborazioni con l’altra e gli altri.
Ad un progetto che inizia, prenditi il tempo di controllare all’interno di te stessa per scoprire:
Se davvero si vuole lavorare con l’altra persona/e
Quali compiti precisi si è disposti a fare
Quanto tempo alla settimana si può dedicare
Se si è d’accordo sulle scadenze concordate


Se si vuole lavorare con l’altra/gli altri e le risposte al resto delle domande di cui sopra sono chiare, iniziate con una riunione di apertura e impostate un programma di lavoro con scadenze. Se ci sono disaccordi su alcuni argomenti nel corso di questo incontro, negoziate per ciò che funziona meglio per voi. Terminate l’incontro con scadenze precise e ciascuno di voi cominci a lavorare. Se non è possibile rispettare una scadenza, scrivetevi l’un l’altro sul perché e quando si sarà in grado di finire quella parte del vostro lavoro.
Fate un altro incontro dopo due settimane. Discutete di ciò che ognuno ha fatto. Ciò che una persona compie influenza il lavoro degli altri. Impostate un nuovo calendario e le scadenze per le parti successive del progetto. Procedete come nel vostro primo incontro. Andate avanti così, fino a quando il progetto è fatto.


Gran parte della tua questione di base non dipende da voi due, ma piuttosto dal fatto che nessuna di voi due non conosce e non apprezza la donna profonda e potente al vostro interno. Conosci la donna che sei; fai le cose per farla stare bene e crescere – per quindici minuti, una volta alla settimana, fai una cosa che solo a lei piace fare; apprezza la tua donna interiore. Fai questo arrivando a comprendere, accettare e amare tua madre dentro di te. E una volta che la conosci, vai giù nella tua anima per trovare la sua ogni volta – chiederle ciò che si vuole, chiederle quello che hai da offrire, chiederle come negoziare i termini.
Lei non è solo il tuo migliore custode – lei è te; lei è una delle parti migliori della tua anima.